Sopravvivenza globale nelle pazienti con carcinoma ovarico sieroso recidivante Platino-sensibile trattato con Olaparib in monoterapia di mantenimento
Nelle pazienti con carcinoma ovarico sieroso recidivante Platino-sensibile, la monoterapia di mantenimento con l’inibitore PARP Olaparib ( Lynparza ) migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione rispetto al placebo.
È stato valutato l'effetto della terapia di mantenimento con Olaparib sulla sopravvivenza globale nelle pazienti con carcinoma ovarico sieroso recidivante Platino-sensibile, comprese quelle con mutazioni BRCA1 e mutazioni BRCA2 ( BRCAm ).
In questo studio randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco, di fase 2 che ha coinvolto 82 Centri in 16 Paesi, le pazienti con recidiva di cancro ovarico sieroso Platino-sensibile che avevano ricevuto due o più cicli di chemioterapia a base di Platino e avevano risposto all’ultimo regime sono state randomizzate a ricevere Olaparib orale come mantenimento ( capsule; 400 mg due volte al giorno ) oppure un placebo corrispondente.
Le pazienti sono state stratificate per storia familiare, tempo alla progressione al penultimo ciclo di Platino, e risposta al più recente ciclo di Platino.
L'endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione.
Sono stati presentati i dati della sopravvivenza globale, un endpoint secondario, dalla terza analisi dei dati dopo più di 5 anni di follow-up ( intention-to-treat ).
Poiché lo studio non è stato dimensionato per valutare la sopravvivenza globale, l’analisi deve essere considerata descrittiva e i valori P sono nominali.
Tra il 2008 e il 2010, 265 pazienti sono state assegnate in modo casuale a Olaparib ( n=136 ) oppure a placebo ( n=129 ).
136 pazienti avevano mutazioni deleterie in BRCA.
Il cut-off dei dati per questa analisi era il 2015.
Un vantaggio di sopravvivenza globale è stato osservato con il mantenimento a base di Olaparib rispetto al placebo in tutte le pazienti ( hazard ratio, HR=0.73; P nominale=0.025, che non ha raggiunto la soglia richiesta per la significatività statistica, P minore di 0.0095; sopravvivenza complessiva mediana 29.8 mesi per le pazienti trattate con Olaparib vs 27.8 mesi per quelle trattate con placebo ) e nelle pazienti con mutazioni in BRCA ( HR=0.62; P nominale=0.025; 34.9 mesi vs 30.2 mesi ).
L’hazard ratio di sopravvivenza globale nelle pazienti con BRCA wild-type è risultato pari a 0.83 ( P nominale=0.37; 24.5 mesi per le pazienti trattate con Olaparib versus 26.6 mesi per quelle trattate con placebo ).
11 ( 15% ) delle 74 pazienti con mutazioni in BRCA hanno ricevuto Olaparib come mantenimento per 5 anni o più.
Nel complesso, gli eventi avversi comuni di grado 3 o peggiore nei gruppi Olaparib e placebo sono stati affaticamento ( 11, 8%, su 136 pazienti vs 4, 3%, su 128 ) e anemia ( 8, 6%, vs 1, 1% ).
30 ( 22% ) su 136 pazienti nel gruppo Olaparib e 11 ( 9% ) su 128 pazienti nel gruppo placebo hanno riportato eventi avversi gravi.
Nelle pazienti trattate per 2 anni o più, gli eventi avversi nei gruppi Olaparib e placebo hanno incluso nausea di basso grado ( 24, 75%, su 32 pazienti vs 2, 40%, su 5 ), affaticamento ( 18, 56%, su 32 vs 2, 40%, su 5 ), vomito ( 12, 38%, su 32 vs 0 ), e anemia ( 8, 25%, su 32 vs 1, 20%, su 5 ).
In generale, gli eventi sono stati inizialmente segnalati durante i primi 2 anni di trattamento.
Pur non raggiungendo la significatività statistica, le pazienti con carcinoma ovarico sieroso BRCA-mutato Platino-sensibile ricorrente che hanno ricevuto Olaparib come mantenimento in monoterapia dopo la chemioterapia a base di Platino sembrano avere maggiore sopravvivenza generale, sostenendo il beneficio segnalato nella sopravvivenza libera da progressione.
L’esposizione a lungo termine a Olaparib clinicamente utile non ha dato nuovi segnali di sicurezza.
Presi insieme, questi dati supportano sia il beneficio clinico a lungo termine che la tollerabilità del mantenimento con Olaparib nei pazienti con carcinoma ovarico sieroso BRCA-mutato ricorrente Platino-sensibile. ( Xagena2016 )
Ledermann JA et al, Lancet Oncology 2016; 17: 1579-1589
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